Lena Dunham con il suo libro in mano

Non sono quel tipo di ragazza – Lena Dunham

Questo libro andrebbe fatto leggere a chiunque pensi di aver capito cosa significhi essere una giovane donna nella nostra cultura. Ero convinto di conoscere l’autrice piuttosto bene, e ho trovato diverse (non sempre piacevoli) sorprese. (Carroll Dunham, papà di Lena)

 

Chi è Lena Dunham? A chi non guarda la serie tv Girls probabilmente il suo nome non dirà nulla. Vi basti sapere che Lena ha 28 anni, è figlia di una fotografa e di un pittore, vive da sempre a New York e ha all’attivo – come sceneggiatrice, regista e attrice – oltre alla citata serie Girls, anche svariati lungometraggi. Si dichiara femminista e se la seguite su Twitter saprete che è molto attiva su questioni attuali come le foto private rubate alle attrici e altri temi caldi.

Lena Dunham con il suo libro in mano
Lena Dunham

Non sono quel tipo di ragazza è un memoir che vuole mettere a nudo la realtà dell’essere una giovane donna nel mondo odierno. Il sottotitolo (misteriosamente scomparso nell’edizione italiana, che ha anche cambiato i colori della copertina e non contenta ha pure aggiunto una fascetta stampata che mi fa sanguinare gli occhi) recita A young woman tells you what she’s “learned”, una frase che spiega chiaramente cosa andrà a trattare il libro. Le virgolette stanno proprio a indicare l’intento di Lena di porsi come amica e non come guru o massima esperta in tutti gli aspetti della vita. Tramite le sue esperienze infatti traiamo degli insegnamenti, ma non c’è mai un momento in cui questi vengano percepiti come consigli non richiesti. Il mondo in cui Lena vuole farci entrare, infatti, comprende e amplia quello esplorato nella serie tv da lei scritta, diretta e interpretata: il mondo delle poco-più-che-ventenni che vivono nel limbo tra l’aver finito l’università e il capire che cosa fare della loro vita. Nel libro poi si parla anche di quello che avviene prima dei 23-25 anni, di ciò che avviene dopo l’aver incontrato la persona giusta, ma anche di tanto altro ancora.

Illustrazione di Joana Avillez
Una delle tantissime illustrazioni di Joana Avillez

I temi affrontati sono svariati, dall’amore, al sesso, al rapporto con il corpo e la mente, alle amicizie a al lavoro. Un aspetto che mi ha colpito e che mi aspettavo di trovare “conoscendo” il personaggio è la sua estrema schiettezza nel descrivere situazioni imbarazzanti, drammatiche o comiche. Ho apprezzato per tutta la lunghezza del memoir l’approccio semplice, ma non superficiale, a quelle che sono le preoccupazioni delle varie età, senza mai sminuire o ingigantire nulla e rendendoci partecipi di tutto, dettagli compresi. Lena apre il proprio cuore e ci rende partecipi di tutto quello che le è successo senza mai ricadere nella lacrima facile, nel sensazionalismo o nella immedesimazione forzata. Di certo ne ha passate di tutti i colori: tra droghe, psicofarmaci, ragazzi mostruosi (la parte sulla “fascinazione degli idioti” è fantastica e il fatto che io capisca perfettamente quello di cui lei parli probabilmente non mi fa molto onore) e disavventure c’è da fare fatica a starle dietro, però, come testimonia il suo libro e la sua carriera in generale, si sopravvive a tutto. Si impara dai propri errori, si impara che per amare un’altra persona ed essere amate si deve prima amare se stesse, che il rispetto per se stesse parte soprattutto da noi:

Se qualcuno ti mostra quanto poco gli interessi e tu continui a cercare quel qualcuno, prima ancora che tu te ne accorga inizi a perdere il rispetto di te stessa. Non siamo fatte a compartimenti stagni! Siamo un’unica persona! Le cose che ti vengono dette, vengono dette a tutta te stessa, idem per quelle che ti vengono fatte. Essere trattata come una merda non ha niente di divertente e non è un trasgressivo esperimento intellettuale. E’ una cosa che accetti, perdoni, e piano piano ti convinci di meritare. Tutto qui. Chiaro, semplice. Ma io ho cercato in tutti i modi di renderlo più complicato.

Fin da bambina Lena ha sofferto di disordine ossessivo-compulsivo e il fatto che ne parli apertamente e suggerisca di cercare aiuto andando dal medico o da un terapista non è la trovata pubblicitaria a cui tanti potrebbero pensare (mostra questa malattia anche in Girls), ma un modo di mostrare qualcosa di cui non si sente parlare spesso, ossia la salute mentale. Spesso non si parla di questi disturbi o di depressione nemmeno con il proprio medico e Lena invita chi sta passando attraverso esperienze simili di aprirsi, rendendosi comunque conto di essere stata fortunata nell’avere genitori che fin da bambina abbiano cercato l’aiuto necessario per lei. Non fa mistero di essere stata privilegiata sotto tanti punti di vista, ma per quanto mi riguarda ho trovato la sua scrittura molto onesta e il suo percorso costellato di lavoro e impegno. Certo, l’autrice ha avuto i suoi colpi di fortuna, ma è anche la dimostrazione che la creatività e l’abilità di raccontare storie (o come dice Hannah in Girls, di essere una voce di una generazione) derivano anche e soprattutto dalle sventure che ci capitano, dai libri letti, dai film e dalle serie tv, dalla voglia di lavorare su noi stessi e il nostro approccio alla vita.

Lena Dunham come Hannah in Girls

Il suo percorso non è ancora finito, ma in quanto giovane donna in un mondo spesso per la maggior parte dominato dagli uomini, ritengo che il suo impegno sia da esempio per tutti.

In occasione del lancio del libro e del conseguente tour, è stato aperto anche un canale YouTube dove Lena si appresta a rispondere alle domande di chi la segue, come a prolungare la conversazione anche nella vita reale.

Che siate anche voi giovani donne, oppure donne più grandi o – perché no –  anche uomini, vi consiglio di buttarvi a capofitto in Non sono quel tipo di ragazza, e visto che la stessa autrice lo spiega meglio di me, eccone la ragione:

Non c’è niente di più coraggioso, per me, di una persona che dichiara che la sua storia merita di essere raccontata, soprattutto se si tratta di una donna. Malgrado la fatica e la strada fatte, continuano a esserci un’infinità di forze che cospirano per dire a noi donne che le nostre preoccupazioni sono sciocche, che le nostre opinioni non sono richieste, che non abbiamo la gravitas necessaria a rendere significative le nostre storie. Che gli scritti personali di una donna non sono altro che un esercizio di vanità e che dovremmo apprezzare il nuovo mondo che ci è offerto e starcene buone e zitte.

 

 

Note a margine: quanto sono carini i disegni che accompagnano le varie sezioni del libro?!

Interno libro

Frontespizio di Non sono quel tipo di ragazza

 

Non sono quel tipo di ragazza (I’m not that kind of girl)

Traduzione di Tiziana Lo Porto (seguitela ovunque perché oltre ad essere bravissima consiglia un sacco di libri fighi)

Sperling&Kupfer (2014) € 16,90

Traduttrice, femminista, lettrice.
Articolo creato 41

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