Isola grande, Isola piccola di Francesca Marciano

Isola grande, Isola piccola – Francesca Marciano

I racconti di Francesca Marciano sono come la brezza estiva che accarezza la spiaggia nel tardo pomeriggio, semplici, eppure impossibili da dimenticare. Non per niente la temutissima critica New York Times, Michiko Kakutani, ha paragonato la Marciano ad Alice Munro.

Francesca Marciano è una scrittrice italiana che scrive in inglese. Ha vissuto a New York e in Kenya e le storie si formano nella sua testa direttamente nella sua seconda lingua. Chiaramente non poteva non incuriosirmi una donna che ha scelto l’inglese come veicolo della propria creatività e che ha deciso, per questa raccolta di racconti, di non optare per l’autotraduzione ma di affidare la sua opera ad un traduttore (ascoltate l’intervista per Fahrenheit, dove la Marciano fa un commento sul mestiere del traduttore e leggete quest’altra intervista comparsa su Minima & Moralia), che per nostra grande fortuna si è rivelato essere Tiziana Lo Porto per Bompiani.

The Other Language diventa così Isola Grande, Isola Piccola, cambiando il focus non solo da un racconto a un altro, ma anche da uno dei temi della raccolta: quello del servirsi di un’altra lingua per comunicare, per vivere e per sentirsi a casa. E’ curioso anche il fatto che la raccolta sia stata apprezzata in lingua originale proprio per la cura e la raffinatezza della lingua, cosa probabilmente imputabile sia ad una profonda conoscenza dell’inglese da parte della scrittrice, sia dal fatto di scrivere in una lingua germanica partendo da una matrice romanza. Questo dettaglio mi ha incuriosito tantissimo, forse per deformazione professionale, ma non potevo non pensare, durante la lettura, a come un madrelingua inglese potesse apprezzare la musicalità e l’accuratezza con cui ogni singola parola era stata scelta – ma sono certa che Tiziana Lo Porto avrà riproposto un italiano altrettanto elegante.

Il primo racconto, che dà il titolo alla raccolta originale, mi ha fatto innamorare fin da subito, con la storia di Emma, che da bambina si scontra con l’inglese in vacanza in Grecia e lo fa diventare il simbolo del suo non appartenere allo stile di vita italiano. Ma Emma non è l’unica protagonista femminile della raccolta, anzi, tutte le storie si focalizzano su donne che si trovano in momenti e età diverse della propria vita e che per un motivo o per l’altro hanno a che fare con una lingua altra dalla loro, sia questa effettivamente un altro idioma oppure un linguaggio inteso come un insieme di regole e comportamenti a loro per forza estranei.

Nel giro di poche pagine ogni personaggio prende vita e ne conosciamo pregi e difetti, manie, abitudini. Soprattutto, come accade anche con la Munro, appunto, rivediamo comportamenti universali, riconoscibili. La sensazione di non riuscire ad adattarsi in un luogo e la conseguente voglia di partire alla ricerca del posto migliore dove sentirsi pienamente se stesse, le decisioni prese sull’impeto del momento, un matrimonio le cui sorti si sgretolano nel giro di una vacanza, le sensazioni a pelle che a distanza di anni non cambiano, il rapporto con il nostro paese d’origine (e su quest’ultimo anche quasi una denuncia, come l’autrice stessa afferma nell’intervista di cui sopra, su quello che noi italiani stiamo facendo al nostro paese). Tutto quello che le protagoniste provano è alla portata di tutti, per quanto non si provenga dalla stessa estrazione sociale o non si siano fatte le stesse esperienze. Sono sul punto di fare o non fare qualcosa, di prendere una decisione importante, di scrollarsi qualcosa di dosso: questa sospensione è il motivo per cui questi racconti mi hanno colpita così tanto e per cui ho la sensazione che mi accompagneranno ancora per un po’ di tempo. Sinceramente, non voglio lasciarli andare.

Una foto pubblicata da Francesca Caracciolo (@lostoquasendo) in data:

Traduttrice, femminista, lettrice.
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2 commenti su “Isola grande, Isola piccola – Francesca Marciano

  1. Mi affascina incredibilmente, sia per la questione linguistica che per le tematiche. Di solito non amo i racconti, salvo qualche eccezione… e credo potrebbe essere una di queste 😉

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