Immagino che nessuno avrà voglia di leggere l’ennesimo parere su La Ferocia di Nicola Lagioia, ma da brava (più o meno) stregathoneta non potevo non documentare anche questo tassello della mia personalissima maratona letteraria.
La Ferocia si apre con la morte della secondogenita di Vittorio Salvemini, ricco imprenditore palazzinaro barese. Clara è nuda, ricoperta di lividi e ferite, e cammina in mezzo ad un’autostrada. Suicidio o omicidio? Non è questo il punto del romanzo. Non ci troviamo di fronte ad un giallo, ma di fronte al ritratto, o meglio, al riflesso allo specchio della ferocia del titolo.
I Salvemini si sono arricchiti grazie alle manovre edili di Vittorio, ma la ferocia non è prerogativa del capostipite, anzi. Tutti i membri della famiglia, chi più chi meno, e tutti i personaggi che ci scorrono davanti, sono vittime di quello che Lagioia in un’intervista ha definito “il ritorno della legge della giungla”. L’umanità non domina più i propri istinti animali e pone non solo la propria sopravvivenza, ma la propria supremazia, di fronte a tutto. Ognuno ha i propri motivi per non frenarsi: Vittorio non riesce a smettere di costruire e di trovare modi per aggirare la legge, il primogenito Ruggero nutre nei confronti del padre un odio viscerale. Ogni persona ha qualcuno o qualcosa a cui opporre resistenza, conscio o inconscio che sia. In tutto questo, si staglia Michele, il figlio bastardo, avuto da Vittorio con un’altra donna. Michele soffre di un qualche disturbo mentale, ma era l’unico della famiglia ad avere un legame speciale con Clara e non capacitandosi della morte della sorella si mette in testa di indagare le cause della sua fine prematura.
Michele era in grado di annullarsi nel colore di fondo della memoria altrui.
La Ferocia è stato un romanzo in egual parte osannato e criticato. Per quanto mi riguarda, nonostante la poca profondità di qualche personaggio (forse volutamente solo accennato) e una parte finale che non mi ha convinto del tutto (ma non riesco a dire esattamente cosa non mi abbia convinto), è un romanzo bellissimo. La scrittura, anche questa criticata per la sua presunta artificiosità, secondo me è invece sapientemente chirurgica e al tempo stesso complessa e incantatrice. Sono stata letteralmente catturata, come in trance, durante la lettura (rischiando più di una volta di perdere la fermata della metro) e sono sinceramente contenta che abbia vinto il Premio Strega, perché spero che anche solo per curiosità quante più persone possibili si avvicinino ad uno scrittore di cui personalmente voglio leggere altro.
Vi lascio questa intervista da cui ho tratto la citazione dell’autore, che sicuramente sa spiegare meglio di me quanto ammaliante sia il suo romanzo: https://www.youtube.com/watch?v=LE5RCfPLGfo
Ciao 🙂
Concordo su tutto quello che hai detto. Su alcune critiche sono infatti rimasta basita, ma credo siano più legate all’antipatia verso lo scrittore sinceramente. Mi sarebbe piaciuto approfondire qualche personaggio, come il marito che è proprio accennato, ma forse sarebbe stato troppo lungo e sarebbe diventato pesante. Tu di chi avresti voluto leggere di più? Buona giornata e salutami Londra! 😉
Ciao! 🙂 Grazie mille per aver letto il mio post 🙂
Anch’io sono rimasta male leggendo certe critiche, ma ho visto che in generale tante persone non si sono lasciate convincere dalla negatività. Il marito di Clara in effetti non è delineato molto bene, così come la sorella minore o altri personaggi che alla fine giocano un ruolo importante ma di cui stringi stringi non sappiamo tantissimo (non vorrei fare spoiler). Come hai detto tu, però, il rischio era quello di scrivere un trattato infinito 🙂 Buona giornata anche a te, un bacione! 🙂